Con l’approvazione del nuovo piano, i nuovi pensionati potranno accedere a compensazioni e bonus: ci si ritira prima e con importi più alti.
C’è chi sogna di andarsene appena possibile e chi, con più calma (o necessità), decide di restare. Ma ora il copione potrebbe cambiare per tutti. Perché rimanere al lavoro ancora un po’ nonostante si abbia la possibilità di ritirarsi potrebbe trasformarsi nella scelta più vantaggiosa.
Il Governo sta infatti riscrivendo le regole con un pacchetto di misure che premia chi resta, aiuta chi fatica e prova a rimettere in equilibrio un sistema ormai fuori fase. Bonus economici, contributi figurativi, flessibilità in uscita e agevolazioni per i soggetti fragili: nel nuovo piano previdenziale c’è un po’ di tutto. Ma c’è soprattutto una data da segnare: 2026.
Tutto ruota attorno al Libro Bianco 2030, il documento strategico che il Ministero del Lavoro e l’INPS stanno mettendo a punto per riformare la previdenza. Verrà pubblicato entro ottobre e le sue misure, se confermate, entreranno nella prossima Legge di Bilancio nonostante il nome suggerisca ancora 5 anni. Risultato? Chi andrà in pensione prima del 2026 rischia di lasciarsi indietro i nuovi vantaggi. E visto cosa c’è sul tavolo, forse conviene fare i conti due volte.
Potremmo chiamarla rivoluzione pensionistica, e alla fine potrebbe esserlo. L’idea di fondo è quella di superare l’età fissa dei 67 anni e costruire un sistema più flessibile, che tenga conto della storia lavorativa di ciascuno invece della solita rigidità che da anni penalizza moltissimi lavoratori. Chi vorrà restare in servizio potrà farlo e sarà premiato. Chi invece ha avuto percorsi difficili o interrotti, potrà accedere a compensazioni. Alcune misure esistono già in forma limitata, come i bonus per chi rinuncia alla pensione anticipata o i contributi figurativi in casi specifici. Ma il nuovo piano punta ad estenderle, renderle più accessibili e farle diventare strutturali.
Per chi decide di continuare a lavorare oltre l’età pensionabile, saranno previsti bonus economici, sgravi contributivi e vantaggi fiscali. Un modo per valorizzare l’esperienza dei lavoratori senior e incentivare l’invecchiamento attivo. Ma anche un’occasione per le aziende, che potranno trattenere personale esperto con costi più bassi.
Chi invece ha avuto carriere fragili o discontinue – come molti precari, part-time, stagionali o disoccupati a lungo – potrà contare su contributi figurativi, cioè versati dallo Stato per coprire i vuoti. E questo si rivela alquanto importante per non arrivare alla pensione con poco o nulla.
Attenzione anche a chi ha svolto lavori faticosi o poco riconosciuti: per donne impegnate nella cura familiare, caregiver e chi ha fatto mestieri usuranti, sono previsti sconti sui requisiti e uscite anticipate agevolate. Insomma, un sistema più giusto e umano. Ma con una data ben precisa: dal 2026 in poi. Chi esce prima, rischia di rinunciare a tutto questo. E forse, stavolta, vale davvero la pena aspettare.
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