Conto corrente “in rosso”. Un’espressione che evoca inquietudini. Ma cosa succede esattamente quando il conto scende sotto lo zero?
Bisogna stare attenti a ciò che dicono i regolamenti bancari e le direttive europee. Ma non solo. Conta anche la spesso eccessiva rigidità che caratterizza il rapporto tra consumatori e istituti di credito o prestatori di servizi. Un conto va in rosso quando il saldo scende sotto lo zero. Ovvero quando si spendono più soldi di quanti ce ne siano a disposizione nel deposito. Ciò può dipendere da spese fatte con la carta o prelievi eccessivi. Oppure da addebiti imprevisti. E ancora: da pagamenti automatici non ben gestiti.
Da un punto di vista tecnico si parla di uno sconfinamento. Tale superamento del limite può essere anche autorizzato. Se si ha un fido con la banca, non dovrebbero esserci grossi problemi, almeno nell’immediato. Se, invece, lo sconfinamento non è autorizzato, si profilano conseguenze assai fastidiose. Dal 2021, con l’entrata in vigore delle direttive dell’Autorità Bancaria Europea (EBA), ci sono regole abbastanza rigide sulla questione del default, ovvero del conto in rosso.
Se il rosso supera una certa soglia minima, il consumatore diventa un “debitore in sofferenza”. La discriminante è il saldo negativo. Ovvero -100 euro per i privati e -500 euro per le imprese. Tale saldo negativo deve rispettare altri parametri. Deve superare anche l’1% del totale delle esposizioni verso la banca e deve durare più di 90 giorni consecutivi, che salgono a fino a 180 per gli enti pubblici. A quel punto cominciano i guai.
La prima conseguenza nefasta del conto in rosso è il blocco automatico degli addebiti. Cioè dei pagamenti delle bollette, delle rate di mutui e finanziari e delle spese per abbonamenti vari. Dopodiché può intervenire la disattivazione delle carte di credito e debito collegate al conto. Va da sé, che il debitore in sofferenza non possa più effettuare pagamenti con bonifici e assegni.
Poi c’è il problema della segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. La persona con il conto in rosso viene riconosciuta come un “cattivo pagatore” e ciò inguaierà il suo credit score. Ovvero la reputazione presso banche, finanziarie e altri creditori. Quindi, se il consumatore vorrà comprare qualcosa a rate o vorrà chiedere un mutuo avrà molte difficoltà ad accedere al finanziamento, dato che il suo nome sarà associato a un rischio.
E parlando di rischi, con il conto in rosso, specie se ci sono debiti verso terzi (come per esempio Comuni o fornitori di energia), può intervenire il pignoramento. Bastano quindi davvero 100 euro per dover affrontare tutti questi guai? Sì… La causa è la volontà di introdurre regole più rigide, pensate a prevenzione degli abusi. E il rischio è che a pagarne le conseguenze siano soprattutto i più fragili. Il conto in rosso, oggi, non è solo un problema economico: è una questione di reputazione, di accesso al credito, di dignità finanziaria.
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