Non è solo pigrizia come molti pensano. La psicologia ci insegna che c’è molto di più dietro quella sedia piena di vestiti.
Sebbene sia quel disordine che non vogliamo condividere con nessuno, la verità è questa: sono tanti quelli che hanno una sedia in camera che, con il passare dei giorni, si riempie di vestiti fino al punto che diventa talmente colma da non permettere più loro di mantenere l’equilibrio. Quel preciso momento è quello in cui la svuotiamo. E sì, probabilmente la persona con cui viviamo ci ha rimproverato, o è essa stessa a contribuire al caos.
Ma la domanda rimane sempre la stessa: perché lo facciamo? La prima risposta che ci viene in mente è sicuramente la pigrizia, condita con una dote innata di disordine. Eppure questo gesto viene fatto anche da chi, in media, è ordinato. Ed è qui che dovremmo chiederci il motivo per cui questi vestiti non vengono piegati o buttati nel cesto della roba da lavare.
Come sempre, ogni atteggiamento parla di noi. E la psicologia è riuscita a dare una risposta anche a quella sedia che, ormai, sembra chiedersi da sola quale sia il suo vero ruolo nel mondo.
No, non è sempre e solo pigrizia. Se quella sedia in camera continua a riempirsi di vestiti, la psicologia ci spiega che dietro ci sono meccanismi ben più complessi. E chiunque si sia mai chiesto se piegare quella maglia messa solo un’ora, o dove sistemare quel pantalone ‘non proprio pulito’, sa esattamente di cosa stiamo parlando.
Partiamo dalla stanchezza, compagna di vita di molti. Accumulare vestiti sulla sedia è spesso un segnale di saturazione mentale. Dopo una giornata di mille decisioni e stimoli, anche scegliere se un capo vada piegato o lavato diventa faticoso. Il cervello cerca la via più rapida per ‘archiviare’: lo poggia lì. Un gesto apparentemente automatico, ma che è la conseguenza di un piccolo affaticamento.
Non solo. Per personalità insicure o perfezioniste, il dilemma su quel capo può trasformarsi in vero stress. “Lo lavo? Lo piego? E se poi mi serve?” Micro-decisioni che generano dubbi continui, soprattutto quando il cesto è già pieno e la mente satura.
C’è poi il ciclo Ziegarnik: le attività non concluse restano aperte nella nostra mente. Vestiti ‘a metà’ incarnano perfettamente questo meccanismo, restando lì a ricordarci che quella scelta non è ancora chiusa.
Per molti, infine, la sedia è anche uno spazio di controllo minimo. Una zona franca, dove concedersi di non essere perfetti. Ma se la sedia trabocca sempre, e il disordine invade il resto della stanza, potrebbe essere un campanello d’allarme. In quel caso, prendersi cura del proprio spazio, seppur secondario, diventa anche un modo per ascoltarsi e prendersi cura di sé.
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