C’é chi ha visitato Chernobyl in tempi meno pericolosi. Costi e attrezzatura necessaria per questa meta molto particolare.
Per chi è cresciuto negli anni Ottanta, Chernobyl rappresenta un punto di svolta. L’incendio della centrale nucleare e la fuoriuscita del materiale radioattiva dai reattori non fu soltanto un fatto di cronaca, per quanto drammatica. Rappresentò all’epoca la dimostrazione della pericolosità dell’energia nucleare anche a scopi civili.

Per settimane e mesi dopo l’incidente la vita di milioni di cittadini europei si modificò, con una serie di restrizioni e controlli su aspetti quotidiani dall’alimentazione al commercio. Anche tempo dopo le fasi iniziali più critiche, le conseguenze del disastro si facevano sentire e il timore della popolazione per la propria salute rimase grande. Ebbene dopo tanti anni a Chernobyl e dintorni ci fu anche del turismo, incredibile ma vero.
Chernobyl, il turismo del disastro
Conseguenze peggiore per il disastro di Chernobyl furono evitate per l‘intervento dei vigili del fuoco che immediatamente furono impegnati a spegnere l’incendio. Un atto eroico che costò la vita a molti di loro per le condizioni estreme dell’intervento, la pericolosità delle emissioni radioattive e la scarsità delle attrazzature a loro disposizione.

Qualche anno fa una miniserie televisiva della HBO raccontò le giornate terribili che seguirono l’incidente e l’intervento dei soccorritori. La serie ebbe un successo internazionale di grandi proporzioni e questo incrementò ulteriormente i visitatori presso la centrale e la città abbandonata. Infatti dal 2011 era possibile fare un’escursione nella zona interdetta. Già nel 2017 gli i turisti furono addirittura oltre 60mila.
Si trattava di un vero e proprio turismo post atomico, in quella che era ed è una sorta di Pompei contemporanea. La visita non riservava pericoli relativi alla radioattività, minore a quella a cui si esposti in un viaggio aereo. Più pericolosi i crolli di strutture fatiscenti. Da qui la raccomandazione di seguire solo i percorsi indicati e stabiliti dalle guide.
L’agenzia ucraina che gestiva il turismo in zona forniva un decalogo di regole cui attenersi con estrema attenzione. Tra queste non sedersi in terra, non toccare niente, non poggiare lo zaino o il cavalletto della macchina fotografica. Non bere, mangiare fumare all’aperto. Non raccogliere souvenir radioattivi. Infine la regola principale non allontanarsi dalle zone della visita, solo in quelle i livelli di radioattività erano tollerabili.
Ora purtroppo c’è la guerra e il flusso di turisti in Ucraina è stato interrotto bruscamente. Lo stesso involucro di cemento, che contiene il reattore con un nocciolo fuso radioattivo per migliaia di anni, è stato colpito da droni. Un rischio ancora enorme che si aggiunge agli orrori della guerra in corso, forse più pericolosa dello stesso disastro di Chernobyl.